FRAMMENTI DI UN MONDO
Ho
inseguito un sogno di barbariche invasioni
E
cosa conti davvero, adesso, non lo so più.
Un
desiderio ubriaco che non sta in piedi
e
farnetica in nome della sua instabilità.
In
questo contesto che da assuefazione
m’appari
come una nave fantasma
con
tutto il suo carico di turbamento.
(Mi
ha capovolta e tirata giù
il
suo profumo era dovunque
era
dentro e fuori di me
era
eccitazione misto dolore… )
Gallipoli |
Era
quell’ora del giorno in cui il confine tra il mare e il cielo svanisce, e
l’orizzonte ha il medesimo colore neutro con luccichio. Dal lato opposto
un’ombra di luna, e vedendola , sentire d’essere su una terrazza
sull’universo.
Ho
visto le loro impronte sulla sabbia, e la profondità dava il senso della
consistenza di quei due corpi che si tenevano per mano. Era invidia quella mia
strana sensazione, lenti passi indietro, mentre scherzava salendo sulle forti
spalle del mio passato. Deve averle sussurrato qualcosa all’orecchio, qualcosa
di soffice, qualcosa di speciale, perché lei si è illuminata tutta.
Mi
sono stretta la sciarpa intorno al collo, e mi sono chiesta dove fosse il mio
presente, se viaggiatore distratto o affondato tra chissà quali femminei
divani. Perché non è malessere per la felicità altrui, quanto invece morsa
nostalgica di quel che mai sarà.
Raccolgo
dalla sabbia la mia conchiglia di sofferenza, come frammento di mondo
lontano,occupando tutti i miei pensieri nel momento del suo arrivo, e nel
riverbero marino dice “ho male di te”.
(Dimensione
altra. Sono invasa dall’immagine del suo corpo, della sua pelle meravigliosa,
la muscolatura perfetta. Ritorna, spesso… siamo distesi nudi, addormentati,
sullo stesso letto, su fresche lenzuola bianche. Apro gli occhi e con lo sguardo
ne scorro il profilo, come dune di sabbia, pensando “è tutto qui quello che
vorrei”…)
Pori
aperti che anelano poesia, son ben poca cosa, in questo fittizio unico mondo
possibile, non sono contemporanea, e non c’è nulla di tradizionale in me, non
ho dove schierarmi, non ho tendenze alle quali aggregarmi.
Eh
si, ho sbagliato e sbaglierò ancora perché sono imperfetta, perché quello che
caratterizza questa nostra povera umanità è l’imperfezione, lo sbaglio
continuo, quante volte ho errato pensando che dire avrebbe cambiato le cose, e
questo perché l’ideologia, per quanto diversa sia la sua natura, finisce
sempre con il modificarsi nello scontro con la realtà, perché l’ideale non
regge il confronto. E questo perché esistono infinite singole verità che
annullano i moduli perfetti.
Pianeta
Terra. Quello che rimane sono detriti di spiaggia, figli naturali o illegittimi
di questa terrazza sull’universo. Quello che rimane è quel tanto dire a
libera comprensione. Come una mente che sgombera dal superfluo s’agita per un
pensiero di verità assoluta. Agitata da chissà quali profondità marine,
quest’infelicità sottile che è legata al “mal d’essere”, un essere
pensante.
(Apro
la finestra immaginaria che divide il mio spazio dal suo, e ricamo la mia stella
amorosa sulla scia luminosa di una via Lattea pittorica, in modo che lui,
lontano nella materia, possa ritrovarla senza difficoltà, in un cromatismo
vibrante come vortice catalizzatore.)
Ho
il sospetto che guarderò ancora con tristezza questo lembo di terra sul quale
sopravvivo, fino a quando, con assoluta disattenzione, questa coppia che
passeggia dinanzi a me, mi sembrerà il simbolo ambiguo ed abbagliante della
speranza.