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ROMANICUM

 

 

San Nicolao -Giornico (Canton Ticino)

 

 

"Si sarebbe detto che il mondo stesso, scrollandosi di dosso le spoglie della vecchiaia,

si fosse rivestito di un candido mantello di chiese."

RODOLFO IL GLABRO 1003

 

San Nicolao -Giornico (Canton Ticino)

 

 

 

Santa Maria del Castello -Giornico (Canton Ticino)

 

 

 

Oratorio San Remigio-Boscero (Canton Ticino)

 

 

 

San Vigilio-Rovio (Canton Ticino)

 

 

 

San Carlo-Negrentino (Canton Ticino)

 

 

 

San Carlo-Negrentino (Canton Ticino)

 

 

 

Santa Giulia-Bonate di sotto (Bergamo) 

 

 

 

    

San Tomè-Almenno San Bartolomeo (Bergamo) 

 

 

San Tomè-Almenno San Bartolomeo (Bergamo) 

 

 

 

San Pietro e Paolo-Agliate (Monza e Brianza) 

 

 

 

San Pietro e Paolo-Agliate (Monza e Brianza) 

 

 

 

Battistero e San Vincenzo in Galliano-Cantù (Como) 

 

 

 

Battistero e San Vincenzo in Galliano-Cantù (Como) 

 

 

 

Battistero e San Vincenzo in Galliano-Cantù (Como) 

 

 

 

San Vittore e Battistero-Arsago Seprio (Varese) 

 

 

 

Battistero-Arsago Seprio (Varese) 

 

 

 

 

Chiostro di Voltorre-Gavirate (Varese) 

 

 

 

 

Santa Maria furis portas-Castelseprio (Varese) 

 

 

 

San Colombano -Vaprio d'Adda (Milano)

 

 

 

San Sigismondo-Rivolta d'Adda (Cremona)

 

 

 

Cremona

 

 

 

 

Cremona

 

 

 

San Michele Vetere-Cremona

 

 

 

San Lorenzo museo archeologico-Cremona

 

 

I sogni si infrangono su di una cittadina aggrappata elegantemente al suo colle, isolata dal resto del mondo dalla campagna arcaica. Il sole fortissimo del primo pomeriggio, la rende vuota e piena di vita nello stesso bruciante istante. Il mio ricercare insegue spettri d’altri tempi, creando un morboso desiderio di cose apparentemente inanimate.

Come anime sospinte a mezz’aria, a ricercare quiete innaturale, attraverso stretti scorci che rimandano ad ampi pensieri, e quasi si nasconde e fugge dalle cattive intenzioni, questo gioco di pietre incastrate.

Anche se, immagine del mio desiderio, cammini stretto al mio fianco, lo so che poco comprendi il desiderio della pietra asciutta e svettante. E come biasimarti, se anch’io mi stupisco della febbre che mi assale. Lasciarsi divorare dai suoi gioielli mistici di romanicità, che si presentano nello strappo, attimo rubato da angolo di strada.

Fossero tutte così belle le piazze vuote, fossero tutte così semplicemente austere le basiliche, le colleggiate, le pievi...

Di nuda pietra mi vestirei anch’io, per cantare le mie lodi a quello spirito alto ed immaginario, e per dedicare a te, fantasma del mio dolore, questo canto di un amore che muore.

La luce inonda completamente le nostre figure, mentre taglia il profilo della signora in pietra, solenne come una fortezza. Il colore dona benessere, e la sensazione d’essere gli unici due sopravvissuti, arrampicati quasi all’ascesa di gradini consumati dalla devozione e dalla curiosità.

Mi inginocchio, creatura scolpita da mano divina, e mi perdo nel cercare un filo conduttore nel magistrale ricamo della “bibbia dei poveri”, fatto di colonne tortili, archivolti decorati, volute, giragli vegetali, decori floreali stilizzati, geometrie, ruote celesti, piedistalli dai quali si ergono protomi leonine, figure fitozoomorfiche, i miei sorrisi, le mie illusioni… e le tue mani nervose che cercano di contare l’infinito.

Oltrepasso il portale centrale, nel contrasto tra luce ed ombra ci perdiamo, ma nel silenzio del culto, madre pietra m’abbraccia, vestita di tinte morenti e traboccante di sacralità. Lo sguardo risale lento lungo il marmoreo intarsio cosmatesco pavimentale, l’ambone, i plutei, fino al ciborio nella conca absidale, fuoco scenico, che riluce di santi bizantini nel tratto.

La bellezza del turbamento, del tutto e del nulla, e mi sono chiesta se fosse più intenso il mio guardare, o ciò che celava il tuo sguardo impaurito.

E le colonne di spoglio della cripta come una piccola foresta incantata, alberi dalla chioma parlante, valenza apotropaica in simboli scolpiti da mani sconosciute, rozza e primitiva rappresentazione del male, e sentire che tutte le volte questo bosco mi rapisce e mi tiene ben stretta, legata e innamorata. Mi sussurra di suggestioni e di piccole verità che a pochi può svelare, frammentate nelle fughe prospettiche nella quale si vaporizza la poca luce delle monofore, custode del mistero della morte.

Accarezzandoti sentire il contrasto tra il desiderio della carne e l’irrealtà del sentimento… e nel silenzio assoluto, far sgorgare una preghiera da un luogo sconosciuto dentro di me, che segue percorsi impervi e che trasale  ogni volta che con lo sguardo abbraccio una colonna, per seguirne l’ascesa verticale nelle nervature delle volte.

 

Nel paradiso di quelli come me, che non amano il dio ma il divino creato e celato nel “timor di dio”, c’è una cattedrale romanica vestita di rude pietra tufacea e di marmoreo bianco avorio, che non ha campane perché risuona da se, nell’eco della sua immagine che arriva  lontana. Distratta e nuda, ritaglia il suo profilo su di un fondo azzurro e brillante, dove l’orizzonte li confonde e ci confonde.

 

 

Santa Maria della strada-Matrice (Campobasso)

 

 

 

Santa Giorgio-Petrella Tifernina (Campobasso)

 

 

 

Santa Maria del Canneto-Roccavivara (Campobasso)